Alla scoperta del “fattore di comportamento”

Spesso la progettazione strutturale è condizionata da semplici valori numerici che riassumono comportamenti e aspetti molto complessi. Per quanto l’ingegnere possa essere in grado (o convinto) di dominare i vari fenomeni, si affida a metodi semplificati (anche molto) per affrontare aspetti progettuali fondamentali. In tal senso, oggi parliamo del “numero magico” chiamato “fattore di comportamento” (q-factor).

Il fattore di comportamento (o fattore di struttura – come l’abbiamo chiamato per anni) consente di tenere in conto in maniera semplificata del complesso comportamento che una struttura ha durante un evento sismico. Il fattore, serve, utilizzando metodi lineari, ad effettuare la progettazione considerando il comportamento non-lineare relativo alle deformazioni plastiche. Numericamente si può definire come il rapporto tra la forza agente nel caso di comportamento elastico lineare (Fe) e il valore della forza di snervamento (Fy*) oltre il quale ha inizio il comportamento plastico della struttura (vedi Formula A1).

Esempio di collasso duttile

Figura 1: Esempio di collasso duttile

È importante ricordare che, anche se tecnicamente fattibile, progettare strutture (di una certa rilevanza) che rimangano in campo elastico è economicamente proibitivo. Inoltre è anche inutile, poiché il terremoto è un’azione dinamica e conferisce alla struttura un certo apporto energetico totale con corrispondenti richieste di spostamento e deformazione, ma non la richiesta di sostenere forze specifiche. È la deformazione che causa la perdita della resistenza laterale della struttura, e sono gli spostamenti laterali (e non le forze) che causano il collasso delle strutture sotto il loro stesso peso durante il terremoto.

Pertanto, le attuali norme di progettazione antisismica consentono alle strutture di sviluppare elevate deformazioni plastiche sotto l’azione sismica di progetto, a condizione che l’integrità della struttura nel suo complesso non venga compromessa. Quindi, l’utilizzo della strategia di progettazione “dissipativa” sottintende un diffuso danneggiamento della struttura durante l’evento sismico, senza provocare collassi locali o globali (spesso tra loro in relazione).

Per comprendere al meglio il significato del fattore di comportamento è utile conoscere l’andamento della capacità resistente laterale di una struttura sottoposta all’azione del sisma. In questo può essere utile l’analisi statica non lineare (Pushover). Questo tipo di analisi, che ha un carattere prettamente convenzionale, deve essere vista come un “banco di prova”: è come applicare sulla struttura reale dei martinetti idraulici e portarla a rottura.

Curva analisi pushover

Figura 2: Curva analisi pushover

In realtà questa definizione è abbastanza “cinematografica”: l’analisi pushover andrebbe fatta aumentando lo spostamento laterale e tenendo sotto controllo la corrispondente risultante alla base.

Ed allora scopriremo che fino ad un certo valore dello spostamento orizzontale il legame con la forza totale è lineare (punto A Curva – Figura 2). In questa fase la struttura non si danneggia particolarmente, probabilmente sarà più o meno fessurata ma, eliminando il carico si avranno piccole deformazioni residue.

Però, all’aumentare della deformazione laterale il danneggiamento della struttura provocherà una continua riduzione di rigidezza, fino ad arrivare ad un punto in cui le forze in gioco non aumentano, anzi diminuiscono (punto B Curva – Figura 2). Da qui inizia la fase di “softening”. A questo punto la ridistribuzione delle forze tra gli elementi (la cui rigidezza è stata modificata dal danno subito) farà si che, come un indomabile guerriero all’ultima battaglia, ci siano delle piccole riprese. Ma ormai, con risposte sempre più deboli, la struttura continuerà a danneggiarsi fino al collasso.

Durante un vero evento sismico, le vibrazioni indotte dalle onde sismiche provocano continue inversioni del moto provocando cicli isteretici di carico-scarico con progressivo danneggiamento locale. Comunque, anche se per via semplificata, la curva pushover è utile soprattutto per affrontare varie scelte in fase di progettazione. Ancora più utile per il nostro scopo è la curva bilineare, indicativa del comportamento globale della struttura.

Curva bilineare equivalente

Figura 3: Curva bilineare equivalente

In fase di progettazione, attraverso la scelta del fattore di comportamento q, non facciamo altro che assegnare a priori la bilineare che la struttura deve seguire: anche se non consci di questo, lo stiamo facendo utilizzando le analisi lineari. Se usassimo completamente un approccio lineare dovremmo progettare strutture in grado di sostenere spostamenti pari a du* (vedi Figura 3) ma rimanendo in campo elastico e quindi con resistenze al limite del paranormale (Fe). Ammettendo invece la dissipazione dovuta al danneggiamento controllato progettiamo strutture che possiedono comunque capacità di spostamento pari a du* ma con resistenze pari a Fy*.

Criterio di ugual spostamento

Figura 4: Criterio di ugual spostamento

Ciò che abbiamo appena descritto può andare bene per strutture elasto-plastiche con periodo fondamentale di vibrazione T maggiore del valore Tc (criterio di ugual spostamento). Il valore Tc assume questa funzione di “terra di confine” per come è stato definito nell’elaborazione degli spettri elastici. Per le comuni strutture in c.a. (T<Tc) adesso aggiungiamo un altro tassello: la definizione di dissipazione è fortemente legata all’energia, pertanto l’energia totale apportata dal sisma (area A+B) deve essere pari a quella che la struttura riesce a dissipare (A+C)

Criterio di ugual energia

Figura 5: Criterio di ugual energia

Questo criterio viene chiamato di “uguale energia” di deformazione. A questo punto abbiamo anche il secondo “numero magico” della progettazione antisismica: la duttilità μδ (Formula A2).

Formule A1 e A2: Fattore q e duttilità

Formule A1 e A2: Fattore q e duttilità

I due parametri q e μδ possono essere messi tra loro in correlazione per i due tipi di strutture che abbiamo caratterizzato rispetto a Tc:

Relazioni tra fattore q e duttilità

Formule B1 e B2: Relazioni tra fattore q e duttilità

Complice l’applicazione del Capacity Design (che sottintende strutture con elementi più resistenti a taglio che a flessione e gerarchia del nodo trave-pilastro) possiamo utilizzare nei nostri calcoli direttamente la duttilità flessionale in curvatura μΦ. Ed è per via del Capacity Design che nelle NTC 2018 la duttilità in curvatura (vedi Formule C) viene controllata solo al piede: in via molto cautelativa si da per scontato che l’ultimo collasso a flessione sarà al piede della struttura.

Passaggio dalla duttilità in spostamento a curvatura

Formule C1, C2, C3a e C3b: Dalla duttilità “in spostamento” a “in curvatura”

Detto ciò fissiamo alcuni semplici concetti:

  1. scelto il fattore di comportamento q automaticamente abbiamo scelto anche la duttilità (che va garantita mediante verifica)
  2. q elevati, a parità di classe di duttilità, significano danneggiamenti elevati (oops…non l’ho detto al committente!)
  3. μΦ elevati sono difficili da realizzare con tecnologie convenzionali (confinamento mediante staffe e legature)
  4. la difficoltà a raggiungere μΦ mi deve far ripensare la struttura (…magari potrei farla “non dissipativa”)

I valori del fattore di comportamento definiti nelle norme sono stati elaborati sulla base di una “storia plastica” cautelativa assegnata (rapporto αu/α1) e considerando anche lo smorzamento delle varie tipologie costruttive. Facendo un semplice gioco (senza basi teoriche) con le formule dello spettro elastico possiamo fare un equivalenza sul valore dello smorzamento viscoso convenzionale ξ (formula 3.2.4 NTC 2018) corrispondente ad ogni valore del fattore q:

Valori dello smorzamento associati a q

Tabella I: Valori dello smorzamento associati a q

Dai valori risultanti da questo confronto posso intuire che nella definizione di un semplice valore numerico chiedo alla struttura un sacrificio molto alto. Inoltre, il passaggio dalla scelta del fattore di struttura alla vera e propria dissipazione strutturale avviene mediante ulteriori fasi che portano via via al corretto posizionamento degli elementi strutturali primari, alla progettazione dei vari particolari costruttivi localizzati, alla verifica della duttilità locale (che è usata in rappresentanza di quella globale).

Alla fine del nostro “minestrone” conviene assaggiarne il sapore. In termini ingegneristici e non metaforici, alla fine conviene eseguire un’analisi statica non lineare, per verificare se il rapporto αu/α1 che è stato scelto viene effettivamente sviluppato dal danneggiamento strutturale. Per avere una migliore aderenza al calcolo lineare converrebbe fare un’analisi Pushover con “profilo di carico” elaborato considerando le forme modali che rappresentano almeno l’85% della massa, da applicare anche se la struttura non è regolare.

In definitiva, il forte stato di attaccamento degli ingegneri alla tradizione, ha fatto sì che l’approccio progettuale convenzionale sia ancora basato sulle forze, ma il suo vero scopo è quello di conferire alla struttura capacità di dissipazione di energia e duttilità.

Oltre che affidarci al “fattore Q”, nella progettazione strutturale esistono tanti altri “numeri magici”, uno per tutti il famosissimo coefficiente di sottofondazione di Winkler… ma per oggi abbiamo scherzato abbastanza…


Bibliografia:

2 thoughts on “Alla scoperta del “fattore di comportamento”

  1. Articolo, nel suo complesso, molto stimolante! E molto utile.
    Originano numerosi spunti di riflessione:
    – indubbiamente il q-factor rende possibile l’impiego di “metodi lineari” e perciò la “dinamica modale” che è una procedura intrinsecamente lineare (in assenza del q-factor si dovrebbe per forza usare una “dinamica non-lineare” con matrici di rigidezza ad aggiornamento progressivo e input della forzante nel dominio del tempo: non penso che una tale complicazione possa giustificarsi in tutti i casi applicativi, spesso una dinamica modale è più che sufficiente).
    – sicuramente il sisma induce una “domanda di spostamento” più che una sollecitazione caratterizzata da forze ovvero, per meglio dire, il sisma può avere tanta energia che la sua forza quasi non ha limite; unico vero limite è nello spostamento che più di tanto non può andare: se la struttura riesce ad “assecondare” questo spostamento riesce a sopravvivere altrimenti soccombe.
    – al riguardo mi viene sempre da pensare al caso della Rocca Orsini di Avezzano e al sisma del 13 gennaio 1915: una costruzione di eccezionale resistenza, massicia oltre ogni attuale immaginazione, ma la sua assoluta rigidezza (= capacità in spostamento limitata!) e la notevole resistenza non riuscì ad avere ragione più di tanto di fronte alla forza del sisma (una stima a Magnitudo MW = 7.0).
    – il calcolo di raffronto con gli “smorzamenti viscosi” è significativo: si vede come un q-factor a 3,5 prelude a una condizione di “smorzamento critico” (xi > 100%) onde equiparando la capacità di smorzamento a un effetto di danneggiamento diffuso per alti valori del q-factor si vede come si vada verso condizioni di “danneggiamento critico” …!!!
    – la nuova impostazione delle NTC18 che prevede la possibilità di adottare progettazioni “non-dissipative” penso che implicitamente inviti a “non esagerare” con la valutazione del q-factor e a proporre soluzioni a bassa dissipazione (alta resistenza) laddove la “domanda di spostamento” risulti la più contenuta (massimamente in Zona 3-3A-3B o anche 2B).
    – quanto alla costante di Winkler è un altro dei “numeri magici” che spesso vengono introdotti nei programmi di calcolo, quindi sarà certamente interessante una sua discussione; anche in questo caso direi che si parte sempre dalla valutazione degli spostamenti in quanto il Winkler funziona solo da spostamenti (cedimenti) a forze (reazioni di sottofondo) e non viceversa!

  2. Innanzitutto grazie per i suoi preziosi contributi volti sempre ad arricchire il Blog. Voglio precisare che non penso che si debba sempre fare solo e comunque analisi sofisticate. Chi (come me) si occupa solo di progettazione strutturale, è chiamato ad affrontare svariate tipologie di costruzioni (dalla “cuccia per cani” all’edificio di classe IV). Ovviamente, così come le strutture antisismiche, siamo chiamati ad essere “elastici” e soprattutto “duttili”, per poter scegliere l’approccio più “efficace” (in termini sia di sicurezza che di economia). Come penso ormai sia chiaro, il mio obiettivo è rendere consapevoli tutti noi (me compreso – attraverso lo studio – ) delle formule che usiamo ogni giorno.
    Relativamente al “non esagerare” con il fattore di struttura sono pienamente d’accordo al punto che, conoscendo da dove deriva l’approccio delle norme, considero (quasi sempre) l’edificio “non regolare” sia in pianta che in altezza. A proposito della regolarità, anche quello è un bell’argomento che prima o poi tratteremo…

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