Le rigidezze fessurate in condizioni sismiche

Le moderne procedure di progettazione strutturale sono basate sull’utilizzo del fattore di struttura (o di comportamento). Queste semplificazioni consentono di utilizzare forze laterali ridotte in modo da considerare un comportamento di tipo plastico sfruttando la semplicità applicativa delle analisi lineari elastiche. La rigidezza elastica da considerare (per elementi in calcestruzzo e muratura) dovrebbe essere coerente con il grado di plasticizzazione considerato in modo da considerare la condizione “fessurata”.
Effetti delle rigidezze fessurate nel comportamento dissipativo

Fig. 1 : Effetti delle rigidezze fessurate nel comportamento dissipativo

L’errata modellazione della rigidezza può compromettere la stima del periodo di vibrazione fondamentale e il calcolo dei modi di vibrare, con conseguenti errate valutazioni delle sollecitazioni di progetto. Inoltre, nel caso di effetti P-D la rigidezza laterale riveste un’importanza fondamentale, in quanto la fessurazione comporta una notevole diminuzione di rigidezza e di conseguenza maggiore instabilità agli incrementi di carico assiale dovute all’azione sismica (ed es. moltiplicatore di buckling proporzionale alla rigidezza).

I vari codici normativi suggeriscono l’utilizzo, per gli elementi in calcestruzzo armato, delle rigidezze fessurate. Più precisamente ci si riferisce all’effettiva rigidezza dell’elemento allo snervamento incipiente. Come è verificabile dal confronto con analisi pushover, la rigidezza secante allo snervamento presenta valori molto bassi rispetto a quella elastica (da circa 0.2 a 0.5 volte di quella elastica – Figura 2).

Coefficiente di rigidezza effettiva

Fig. 2 : Esempio di valutazione del coefficiente di rigidezza effettiva

In realtà, la rigidezza in condizioni fessurate in un elemento strutturale dipende dai seguenti fattori:

  • Stato di sollecitazione assiale
  • Quantità di armature presenti
  • Entità dei carichi laterali
Valori di sollecitazione assiale elevata comportano un effetto irrigidente sugli elementi strutturali (Figura 3). Ciò, in qualche modo, comporta un benefico effetto di ricentramento della struttura durante l’evento sismico in quanto le colonne interne (aventi maggiore carico assiale) si fessurano in maniera inferiore rispetto a quelle esterne minimizzando l’eccentricità tra baricentro di masse e rigidezza.
Effetti dello sforzo normale sulla rigidezza fessurata

Fig. 3 : Effetti dello sforzo normale sulla rigidezza fessurata

Le armature presenti, sia longitudinali che trasversali, anche se non considerate nelle analisi lineari, comportano la variazione della rigidezza effettiva. Elevati valori di armatura longitudinali favoriscono l’effetto incrudente sugli elementi (per questo le norme impongono un’area massima del 4% di armature longitudinali in funzione dell’area della sezione trasversale dei pilastri).
Le armature trasversali a passo stretto (6-10 cm) sono responsabili invece dell’effetto confinamento sul nucleo di calcestruzzo (rappresentabile da un aumento di duttilità e resistenza nonché minore attitudine alla fessurazione).
Effetti del confinamento mediante le armature trasversali

Fig. 4 : Effetti del confinamento mediante le armature trasversali. Modello di Kent & Park (1971) con indicazioni aggiunte da Scott (1982).

Per quanto riguarda i carichi laterali, la riflessione che si può fare riguarda il tipo di stato limite sismico da analizzare. L’entità degli spettri di progetto per SLV ed SLC comporta sicuramente stati di fessurazione elevata, mentre per gli SLD e SLO, essendo stati limiti elastici, la fessurazione non dovrebbe avvenire e pertanto è possibile utilizzare le rigidezze integre o, secondo alcune norme, “fessurazione debole”.

Secondo le varie norme di calcolo e linee guida le rigidezze fessurate possono essere tenute in conto modificando le rigidezze flessionali e a taglio utilizzando dei coefficienti correttivi (minori dell’unità) sul prodotto EI e GA (Figura 5). Ad esempio l’Eurocodice 8 e le NTC italiane consigliano l’uso di valori pari a 0.5. Più completa è l’indicazione delle FEMA 356, secondo le quali travi e pilastri devono essere differenziate considerando anche il carico assiale: 0.5 per travi, pareti e colonne con basso carico (N<=0.3 A Fc), 0.7 per colonne con carico elevato (N>=0.5 A fc). Si riporta la tabella tratta da “Effective Stiffness for Modeling Reinforced Concrete Structures – Wong et al.” con i valori per le varie normative.
Tabella di confronto tra le varie indicazioni normative

Fig. 5 : Tabella di confronto tra le varie indicazioni normative

Per le pareti strutturali è doveroso un approfondimento in merito alla modellazione della rigidezza mediante gli elementi finiti. E’ consuetudine per questi elementi utilizzare mesh fatte da elementi finiti bidimensionali di tipo shell, in cui le matrici comprendono i due comportamenti membranale e flessionale, con l’utilizzo del grado di libertà aggiuntivo per il drilling.
Matrice di rigidezza di un elemento shell e componenti di sollecitazione

Fig. 6 : Matrice di rigidezza di un elemento shell e componenti di sollecitazione

Per le pareti il contributo di rigidezza (sia flessionale che a taglio) è prevalentemente nel piano dell’elemento, pertanto i coefficienti di rigidezza flessionale si applicano alle componenti N11, N22, N12. Quest’ultima ha un effetto sempre più importante quanto la parete risulta tozza. Nel caso di pareti sismiche snelle il rapporto tra sollecitazione di taglio e verticale (N12/N22) tende a diminuire all’aumentare dell’altezza (Figura 7).
Rapporto tra N12 ed N22 al variare dell'altezza della parete

Fig. 7 : Rapporto tra N12 ed N22 al variare dell’altezza della parete

Fuori dal piano, nel caso non si utilizzi solo il comportamento membranale, le rigidezze fessurate devono essere utilizzate sia per la flessione che per il taglio. Per i solai modellati come piastre piene la rigidezza da variare è principalmente quella flessionale.

RIGIDEZZA FESSURATA PER L’AZIONE DELLA TEMPERATURA
Oltre all’ambito sismico, la rigidezza fessurata trova applicazione nel caso dell’analisi all’azione della temperatura. In questi caso il modello di calcolo dovrà essere differenziato in funzione degli stati limite analizzati. Per gli stati limite ultimi è possibile ridurre del 50% le rigidezze integre, per gli stati limite di esercizio il coefficiente di rigidezza può essere pari al 0.75.

MODELLI DI CALCOLO DA UTILIZZARE
Dopo questa breve trattazione è lecito chiedersi: Quanti modelli diversi si devono analizzare per un calcolo completo? La differenziazione deve essere fatta sia per i diversi stati limite e sia per le varie condizioni di carico (Figura 8). Inoltre i diversi modelli possono essere raggruppati in funzione del diverso utilizzo per le varie verifiche.
Modelli di calcolo da utilizzare in funzione delle azioni e dei vari stati limite

Fig. 8 : Modelli di calcolo da utilizzare in funzione delle azioni e dei vari stati limite

In definitiva, modelli di calcolo da utilizzare saranno i seguenti:

  • Modello 1 – Modello a rigidezze non fessurate: Riguarda i carichi permanenti strutturali (G1), i carichi permanenti non strutturali (G2), i carichi d’esercizio (Q), le condizioni di carico statiche per Neve e Vento;
  • Modello 2 – Modello con rigidezze ad elevata fessurazione: Riguarda le condizioni delle coppie torcenti accidentali di piano (Mx e My) e le condizioni sismiche nelle tre direzioni (Sx, Sy, Sz) per stati limite ultimi SLV e SLC;
  • Modello 3 – Modello con rigidezze a bassa fessurazione: Riguarda le condizioni delle coppie torcenti accidentali di piano (Mx e My) e le condizioni sismiche nelle tre direzioni (Sx, Sy, Sz) per stati limite d’esercizio SLD e SLO;
  • Modello 4 – Modello con rigidezze fessurate per DT: Riguarda l’azione termica per gli SLU;
  • Modello 5 – Modello con rigidezze debolmente fessurate per DT: Riguarda l’azione termica per gli SLE.

In generale i modelli di calcolo da utilizzare sono 5, anche se comunemente, il Modello 3 e il Modello 1 possono assumersi coincidenti (ipotesi a sezioni integre), quindi i modelli di calcolo nelle condizioni più comuni diventano 4. In pratica però può essere utile raggruppare i modelli di calcolo in funzione dei valori dei coefficienti di fessurazione, in modo da diminuire al massimo il numero dei modelli diversi da implementare.

In conclusione, l’uso delle rigidezze fessurate è un modo immediato di realizzare un calcolo lineare ancor più affidabile e raffinato, senza perdere le sue caratteristiche di semplicità, e considerando, con le dovute approssimazioni, ulteriori fenomeni comunemente valutabili con analisi non lineari.

Bibliografia

Effective Stiffness for Modeling Reinforced Concrete Structures – J.M. Wong, A. Sommer, K. Briggs, C. Ergin

FEMA 356 – Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings

Effective rigidity of reinforced concrete elements in seismic analysis and desing – J.R. Pique and M. Burgos

Computer modeling and effective stiffness of concrete wall buildings – M.IJ. Schotanus & J.R. Maffei

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