Il sisma, gli ingegneri e altre storie.

Amatrice - 2016

Amatrice – 2016

In questi giorni, nell’occasione del 10 anniversario del sisma che ha colpito L’Aquila, ho potuto rivedere diversi documentari e speciali dedicati ai terremoti più importanti del nostro paese. Ed allora mi sono chiesto: Ma io cosa ho imparato dai terremoti? Cosa posso fare nel mio piccolo per far sì che ciò non questi drammi non accadano più?

Il nostro lavoro, diversamente da medici e preti, non è una vocazione. Noi non lavoriamo al pronto soccorso, non siamo vigili del fuoco ne tantomeno militari. Il nostro è però un lavoro per il quale l’attenzione deve essere massima e costante. Il nostro lavoro si svolge su tempi lunghi e non è vero che si conclude alla realizzazione dell’opera. Più di ogni altro mestiere siamo chiamati a pensare e riflettere su fenomeni spesso invisibili, e le nostre mancanze si potranno notare anche fra cento anni.

E forse su questo che dobbiamo concentrarci. Il sisma è un fantasma invisibile un po’ a tutti in questo paese: dai terremoti accaduti non si impara mai. Politica, cittadini e tecnici vanno avanti “incrociando le dita”, la prevenzione va bene solo a parole. Nelle zone già colpite, a parte le notevoli mancanze in fase di ricostruzione, si è di nuovo fatto gli stessi errori, costruendo abusivamente e senza criteri.

Penso al terremoto di Reggio e Messina del 1908. Ci penso perché io abito in queste zone. Penso a cosa accedesse se ci fosse adesso una nuova scossa. Proprio qui avrebbe dovuto essere messo in atto un sistema anti tsunami. E poi gli edifici: alta percentuale di abusivismo, grande diffusione delle “sopraelevazioni”.

L’Aquila – 2009

Veniamo alle norme, tutte le “novità” Dell’OPCM 3274, delle NTC2005, NTC2008, NTC2018 e varie circolari erano già presenti negli Eurocodici e nella letteratura tecnica sin dagli anni ‘90. Son passati 30 anni. E in questi 30 anni abbiamo continuato a costruire senza pensare davvero al sisma. Così non siamo riusciti neanche a lasciare ai nostri figli delle case antisismiche, magari un po’ più sicure, ma in caso di terremoto saremo “punto e a capo”.

Ogni novità è vista nel mondo dell’edilizia con scetticismo. Aggiornarsi sta diventando solo una questione di crediti: purtroppo per studiare non c’è mai tempo. Il mondo della tecnica (e anche lo Stato) è pronto ad obbligarci al BIM ma non ai sistemi antisismici moderni, isolatori, dissipatori, materiali innovativi (anch’essi usati da anni in Giappone e Stati Uniti).

Guardavo un documentario su L’Aquila. Ciò che mi ha colpito più di ogni altra cosa sono state le persone. Dal terremoto non ci si riprende mai. Chi non porta ferite esterne porta l’anima “fratturata”, così come le case. Anni fa, quando ero all’Università, per un periodo di circa un mese ci sono state numerose scosse. Abitavo al quinto piano di un palazzo degli anni ’70. La prima scossa fece “rombare” tutti i vetri e chiudere le porte. Per diverse notti sentivo il letto muovere solo per la suggestione.

Ed allora già da lì ho sempre pensato non solo ai numeri, alle sezioni, alle armature, alle strutture, ma alle persone. Ciò che faccio oggi è pensare alla progettazione riflettendo sulle principali conseguenze in caso di sisma. Con tutte le incertezze di cui sono affette le modellazioni, non pretendo di fare strutture indistruttibili. Sono consapevole che l’errore umano è sempre dietro l’angolo e non condanno nessuno. Il contributo che dobbiamo dare, così come richiesto anche dalle norme, è salvaguardare almeno la vita umana.

Reggio e Messina – 1908

E così, indipendentemente dalla parcella, non mi fermo alla prima soluzione, non penso solo a rispettare le norme, a far quadrare i numeri nel minor tempo possibile. Devo dire che ho la fortuna di occuparmi solo di questo: di strutture. Non invidio i colleghi che devono gestire tutto, in quanto gestire tutti gli aspetti non consente di fare tutto al meglio.

E poi c’è il mostro della burocrazia. Le risorse cerebrali per “risolvere” la burocrazia sono di gran lunga superiori a quelle per affrontare i problemi tecnici. Ed allora ci “consumiamo” pensando a norme, commi, uffici, modelli e “pieghiamo” le nostre strutture alle idee di funzionari e tecnici controllori (più o meno certificati): tutto pur di avere un timbro.

Io non sono nessuno per consigliare cosa fare. Vorrei solo che ci prendessimo tutti per mano e facessimo solo cose sulle quali abbiamo riflettuto se le abbiamo fatte ponendo davanti la sicurezza o il vantaggio economico, o qualche bizzarra richiesta da parte dei committenti. Ognuno di noi sa come non “prendersi in giro”.

Ciò mi porta delle volte a dire “questo non si può fare”. Forse sarò visto come chi non sa fare il suo lavoro però non mi importa: ho capito che, oltre il lavoro, il mio compito è lasciare al mondo case più sicure. Come mi dice spesso un mio caro amico e collega: con “Scienza e Coscienza”.

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