Vulnerabilità sismica degli edifici esistenti: Metodi e parametri di riferimento

Il concetto di capacità alle azioni sismiche è fondamentale nell’approccio di tutti i tipi di interventi riguardanti gli edifici esistenti. Con la pubblicazione del decreto sul Sismabonus, risulta indispensabile la conoscenza delle procedure riguardanti la vulnerabilità.
La vulnerabilità sismica di una struttura si può definire come l’entità dell’azione sismica che porta al non superamento delle condizioni di verifica di un dato stato limite. Pertanto in funzione del tipo di stato limite analizzato abbiamo diversi indicatori di rischio (SLV, SLD, SLC, SLO).

 

L’entità dell’azione sismica critica si valuta mediante la PGA (Peak Ground Acceleration, accelerazione di picco al suolo), la quale ci fornisce la capacità della struttura in termini di accelerazione considerando anche le caratteristiche del suolo dove è situato l’edificio. In funzione della PGA si può calcolare l’indicatore di rischio α, che ha il significato di un coefficiente di sicurezza. Tale indicatore, rapporto tra capacità e domanda, per i vari stati limite può essere in termini di accelerazione ag (αPGA) o in termini di tempo di ritorno TR (αTR):
Formule indicatori di rischio

Formule indicatori di rischio

Ulteriori concetti sull’indicatore di rischio si possono trovare in un altro mio precedente articolo.
La stima di ag si effettua in maniera diversa in funzione del tipo di analisi che viene condotta. Relativamente all’analisi dinamica lineare (metodo più diffuso) viene fatta mediante un processo iterativo secondo il seguente algoritmo:
Diagramma di flusso per il calcolo della PGA

Diagramma di flusso per il calcolo della PGA

Per quanto riguarda il Passo 1, esso è presente solo nel caso di analisi lineare con fattore di struttura q, in funzione del tipo di collasso (fragile o duttile) che presentano i vari elementi. Per la complessità della problematica la classificazione fragile/duttile verrà trattata in un altro approfondimento. La particolarità del Passo 2 sta invece nel fatto che la combinazioni dei carichi da analizzare è la quasi permanente:

Si usa questo tipo di combinazione in quanto corrisponde al caso delle combinazioni sismiche con sisma nullo. Il Passo 3 è caratterizzato dalla risoluzione del problema del sistema dinamico generalizzato definito come:
In questa fase, considerando solo la rigidezza elastica [K], è possibile calcolare i vettori degli spostamenti nodali dei modi di  vibrare utili al raggiungimento dell’85% della massa (matrice [M]) per la direzione considerata (90% per L’Eurocodice 8):
Nella formula precedente u1,n rappresenta il vettore degli spostamenti nodali, calcolati con spettro unitario, del modo n. I parametri φn e ω²n sono rispettivamente l’autovettore e l’autovalore del modo di vibrare corrente, Γn è il fattore di partecipazione modale.

 

La vera parte iterativa è rappresentata dal Passo 4, in cui si modificano i vettori degli spostamenti nodali moltiplicandoli per il valore dello spettro nel periodo del modo corrente, ed infine si applicano le regole di combinazione CQC per ottenere gli effetti dell’azione sismica. Ovviamente verranno elaborate le combinazioni considerando le regole di rotazione degli indici con il 30% del sisma secondario e l’aggiunta degli effetti della coppia per l’eccentricità accidentale. Lo schema del flusso della procedura è il seguente:Ad ogni iterazione verranno ripetute tutte le verifiche strutturali per i vari elementi presenti nel modello (Passo 5).

 

A questo punto la domanda che sorge è: Quando fermarsi con l’iterazione? La risposta è più complicata di quanto sembra. Essendo il metodo lineare (ovvero senza aggiornamento della rigidezza) ci si dovrebbe fermare al valore λi corrispondente al primo esito negativo delle verifiche per un elemento.
In realtà, se tale elemento è “duttile“, si creano fenomeni di plasticizzazione, i quali generano la ridistribuzione di sollecitazioni che consente alla struttura di avere ulteriori risorse. I collassi locali di tipo duttile favoriscono la trasformazione in bielle delle colonne possedendo quest’ultime ancora capacità portanti ai carichi verticali (vedi figura seguente).
Collasso duttile

Collasso duttile

Tutto altro tipo di approccio si dovrà affrontare per il collasso degli elementi “fragili“. In questi casi se a collassare è un elemento primario (es. pilastro) la perdita di capacità portante ai carichi verticali potrebbe innescare un crollo di porzioni estese dell’edificio se non un crollo totale.
Collasso fragile

Collasso fragile

Pertanto, una regola ragionevole per fermare l’iterazione potrebbe essere la seguente: arrestarsi quando il primo elemento con collasso “fragile” non supera le verifiche strutturali, salvo il controllo continuo sulle labilità innescate (dagli elementi duttili), sia locali che globali. Se per ipotesi avremmo solo collassi di elementi duttili, la sovrastima della rigidezza durante l’iterazione generalmente porta ad azioni sismiche più gravose per le verifiche (periodi più bassi) e quindi a favore della sicurezza. Questo aspetto è opportuno che sia controllato direttamente dal professionista, in quanto algoritmi automatici potrebbero “scegliere” situazioni meno gravose.

 

Per ogni stato limite da analizzare, il moltiplicatore “di arresto” dell’iterazione rappresenta la capacità della struttura in termini di accelerazione ag,CL, dalla quale si calcola la PGA e il tempo di ritorno associato:
Abbiamo visto in questo articolo come i più semplici aspetti della vulnerabilità sismica richiedono conoscenze avanzate dei metodi da applicare. La vulnerabilità in particolare ha un approccio molto differente rispetto alla progettazione dei nuovi edifici, e richiede conoscenze ed esperienze specifiche, anche per la semplice compilazione dell’asseverazione per il Sismabonus.

 

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