Oggi approfondiremo l’applicazione di una formula che, anche se presente da tempo nei codici di calcolo, è poco conosciuta ed ancora oggi si tende a non applicare. La formula serve a limitare numericamente il diametro delle armature longitudinali delle travi in funzione della dimensione del nodo che attraversano. L’alone di mistero che circonda la formula 7.4.27 del §7.4.6.2.1 è dovuto alle condizioni nelle quali dovrebbe essere applicata. Eurocodice 8 e NTC 2018 (ed anche NTC 2008) definiscono condizioni molto diverse. Vediamole.
Questo è il testo contenuto nel §7.4.6.2.1 delle NTC 2018:
Questo è l’estratto dell’EC8-parte 1 relativo al §5.6.2.2:
Come possiamo notare per le NTC questa formula dovrebbe servire per “prevenire lo sfilamento dell’armatura longitudinale della trave che si ancora nel nodo”. Per l’EC8 invece serve per “prevenire una crisi di aderenza delle barre longitudinali delle travi che passano attraverso i collegamenti trave-colonna”.
Analizzando le due frasi sembrano due casi completamente diversi. Le Norme Tecniche si riferiscono ai nodi terminali del telaio, mentre l’Eurocodice 8 prescrive (stiamo attenti alla lettera “P”) l’applicazione per i nodi interni del telaio. Se stiamo ancora un po’ più attenti notiamo che le formule a disposizione hanno due diverse forme per entrambi i casi descritti.
Quindi il primo dubbio è sciolto: si applicano ad entrambi i tipi di nodo.
Entrambe le norme però danno dei suggerimenti per risolvere il problema per i nodi esterni, per i quali, anche se il basso carico sul nodo rende la formula più gravosa, si utilizza una forma meno restrittiva (Figura 2 – 5.50b). Queste soluzioni sono:
1. prolungare la trave oltre il pilastro;
2. usare piastre saldate alla fine delle barre;
3. piegare le barre per una lunghezza minima pari a 10 volte il loro diametro disponendo un’apposita armatura trasversale dietro la piegatura.
Le prime due soluzioni non sembrano una “genialata”. La prima deturpa irrimediabilmente i prospetti (che figura facciamo con gli architetti), la seconda sembra vulnerabile alla durabilità: immaginate quanto può durare il ricoprimento sulla piastra in acciaio. L’unica percorribile è la terza (vedi figura 3-c).
La Figura 3, estratta dall’EC8, evidenzia che questa formula oltre che “misteriosa” è anche “sfortunata”: nel caso c dbw in realtà deve essere maggiore di 0.6 dbl e non di 6 volte (altrimenti per un Ø14 servirebbe un diametro trasversale Ø84!)
La maniera più corretta di operare è capire su cosa si fonda la formula. Per questo ci viene incontro il mitico Prof. Michael N. Fardis dell’Università di Patrasso, padre degli Eurocodici. Egli stesso innanzitutto indica, nella spiegazione tratta dal suo volume “Seismic Design, Assessment and Retrofitting of Concrete Buildings”, che la formula è un po’ troppo gravosa e da consigli su come renderla più “equilibrata”.
Secondo Fardis la formulazione trova però un forte riscontro sperimentale nei test ciclici fatti su modelli di nodi con travi passanti (Kaku & Asakusa, 1991). I due studiosi hanno verificato gli effetti della perdita di ancoraggio delle armature nel nodo in funzione della dimensione della colonna che attraversano.
Questi studi mostrano che nel caso di hc = 18.75 dbL il collasso è governato dalla perdita di ancoraggio nel nodo con una bassa dissipazione di energia e un rapido decadimento della rigidezza. Una dimensione della colonna di hc = 37.5 dbL è necessaria affinché il comportamento sia regolato dalle cerniere plastiche a flessione nelle travi, mostrando cicli di isteresi stabili con alta dissipazione di energia. Prove con hc = 28 dbL hanno dato risultati mediocri. I test condotti sono stati fatti su modelli per nodi interni, cioè con barre di armatura longitudinale passanti.
Il secondo dubbio riguarda il valore minimo di questa formula. Entrambi di codici di calcolo (EC8 e NTC) impongono la presenza di almeno due reggistaffe del Ø14. Dall’applicazione della formula è possibile che la limitazione calcolata sia inferiore al Ø14, in quanto i risultati sono molto condizionati dallo sforzo normale gravante sul nodo. Il grafico che trovate di seguito mostra che per tra diversi valori di sforzo normale (νd = 0.65, 0.35 e 0.2) i valori massimi della dimensione hc presentano notevoli variazioni.
Per il diametro Ø16 (nella mia zona è una pratica costruttiva diffusa usare questo diametro) otteniamo una dimensione hc pari a 32 cm per vd pari a 0.65, 38 cm per vd pari a 0.35 e 42 cm per vd pari a 0.20. Ne deduciamo che il lato standard di 30 cm non è sufficiente per questo diametro. Più correttamente, viste le dimensioni comuni delle colonne, è da utilizzare al massimo il diametro Ø14. Questa scelta potrebbe incidere su tutto il dimensionamento della struttura in quanto, per limitare il diametro, sarà necessario non esagerare con le luci libere delle travi (4-4.5 m).
Nel citato testo del Prof. Fardis viene consigliato di utilizzare la formula come predimensionamento per le dimensioni delle colonne in funzione del diametro di armatura che si vuole utilizzare per le travi. Lo stesso Fardis consiglia di utilizzare ρmax anziché ρ effettivo in modo da rendere la formula meno gravosa.
Quindi ricapitoliamo: la formula deriva da sperimentazioni su nodi interni, è stata adattata ai nodi esterni considerando però che la piegatura è più efficace di un tratto dritto, poi, dato che per i nodi esterni il carico assiale sulla colonna è minore è consentito andare in deroga con l’utilizzo di particolari costruttivi. Inoltre, l’Eurocodice la prescrive per un caso diverso delle NTC e un luminare da dei consigli su come renderla meno gravosa. Siamo sicuri che il mistero è sciolto?…
Morale della favola è che anche se spesso le prescrizioni sembrano andare contro la semplicità costruttiva, i metodi che regolano la progettazione spesso sono frutto di osservazioni e prove concrete. E’ necessario approfondire le varie indicazioni per capire il principio base (chiedendosi sempre “da dove viene?”), senza fermarsi alla forma testuale riportata nelle norme, altrimenti faremmo gli Avvocati e non gli Ingegneri. Ai posteri (e soprattutto ad ognuno) l’ardua sentenza.
Ing. Pisano, le faccio i complimenti per gli articoli molto interessante. sarebbe molto utile avere un foglio excel sulle formule 7.4.29 e 7.4.32 delle NTC2018
Grazie per il suggerimento, provvederò.
Mille grazie per la possibilità di avere un confronto di così ampia chiarezza sulla applicazione delle formule contenute nella norma
anch’io ringrazio per gli approfondimenti sviluppati ( diificilmente riscontrati in altri siti o seminari )
Grazie a tutti voi. Cerco di dare solo il mio contributo al fine di leggere le normative tecniche nel modo più corretto possibile. Le norme ci danno i principi da seguire, i metodi per applicarli però non sempre sono gli stessi in tutti i casi.
Salve, avrei un dubbio. Se avessi sezioni diverse per il pilastro superiore alla trave (h=35 cm) e quello sottostante (h=40 cm), quale h dovrei considerare? quello con h maggiore a favore di sicurezza?
Andrebbe utilizzata l’altezza più piccola in modo da limitare il diametro al più piccolo dei due casi.
Buongiorno, avrei un quesito sule verifiche dei nodi.
Leggendo qua e là delle Relazioni di vulnerabilità di edifici in c.a. realizzati prima del ’70, rilevo spesso che, nel riepilogare i risultati delle verifiche sismiche dell’edificio esistente con fattore q, vengano riportati i Moltiplicatori e gli Indicatori di rischio in Tr relativi rispettivamente a: Rottura a taglio, Rottura a flessione, Raggiungimento dello spostamento limite di interpiano, Indicatori minimi riferiti al solo materiale C.A., Verifica a pressoflessione e taglio dei pilastri; MA NON VENGONO riportate e/o sottaciute le verifiche dei NODI. Quale secondo Lei il motivo: una svista (troppo frequente) o invece perché i valori di dette verifiche abbassano di troppo i Minimi Indicatori per la struttura nel suo complesso? Un ringraziamento anticipato.
Per essere una svista mi sembra un po’ anomala, in quanto le schede ministeriali di rilevamento (livelli L1 e L2) hanno apposite “caselle” da riempire per la verifica dei nodi. Come oramai sappiamo i nodi sono quelle parti le cui verifiche risultano più gravose e quindi condizionano in maniera determinante la vulnerabilità. Spesso le verifiche dei nodi non vengono superate anche a pga nulla (cioè in assenza di sisma). Grazie a lei per l’attenzione.
Buongiorno, ho letto con estremo interesse l’articolo e vorrei fare una considerazione sulla soluzione proposta dalle norme (NTC ed EC) per i nodi esterni di disporre un’apposita armatura trasversale dietro la piegatura. In un nodo esterno convergono almeno due travi (ortogonali tra loro) e quindi l’armatura di una di esse è già dietro la piegatura dell’altra: secondo lei la barra interna di spigolo potrebbe già considerarsi “armatura trasversale dietro la piegatura”, sebbene di diametro ben superiore a 0,6*dbL (anzi a volte anche superiore) e in numero pari a 1 (l’aggettivo “adeguata” è un alquanto vago)? La ringrazio per la risposta.
Come tante altri aspetti delle norme, la soluzione della barra di ancoraggio trasversale è pensata come se esistesse solo un telaio. Ragionando per logica, per una delle due travi potrebbe anche valere il principio che lei dice. Per l’altra trave si dovrà utilizzare il sistema della barra trasversale.